U.O.C. Gastroenterologia - Azienda Ospedaliera - Università di Padova
Esofagite Eosinofila
Definizione
L’esofagite eosinofila (EoE) è una patologia cronica, immuno o allergene-mediata, caratterizzata da sintomi di disfunzione esofagea, prevalentemente disfagia e sensazione di arresto del bolo, e infiltrato infiammatorio eosinofilo a livello esofageo, in assenza di cause secondarie di eosinofilia.
Epidemiologia
La malattia è stata descritta per la prima volta negli anni ‘70 con un successivo trend di incidenza in progressivo e costante aumento. I tassi di incidenza e prevalenza sono di 3,7 e 22,7 / 100000 abitanti, con frequenze ormai sovrapponibili a malattie ben più note come la Malattia di Crohn. In Italia, circa 1 paziente su 10 che si sottopone a EGDS per disfagia e/o arresto del bolo, è affetto da esofagite eosinofila.
La malattia è più frequente negli adulti rispetto ai bambini con una prevalenza per il sesso maschile (3:1).
Patogenesi
La patogenesi, ancora non del tutto chiara, vede l’interazione fra sistema immunitario e substrato genetico del soggetto e fattori ambientali.
Fattori genetici. Sono stati chiamati in causa numerosi loci di suscettibilità che codificano per proteine coinvolte nella funzione di barriera dell’epitelio.
Sistema immunitario e fattori ambientali. L’esofago normalmente non presenta eosinofili. Le principali cause di eosinofilia esofagea sono la MRGE e l’EoE. si pensa che antigeni proteici di derivazione alimentare o inalatoria, stimolano una risposta immunitaria Th2 con produzione di IL-5 e 13. Queste attivano le cellule epiteliali residenti che producendo eotassina, determina l’arrivo degli eosinofili. esistono tuttavia degli elementi comuni alle risposte IgE mediate. E’ infatti vero che questi pazienti presentano spesso alti livelli di IgE sieriche e storia di atopia e allergie varie
Clinica
bambini e adulti hanno pattern di presentazione diversi.
Nei bambini vomito ciclico, dolore addominale di lunga data, irritabilità e il rifiuto di alimentarsi sono sintomi frequenti.
Nell’adulto, tipica è la disfagia intermittente, ma è l’arresto del bolo alimentar che porta caratteristicamente a fare diagnosi. Altre volte il quadro clinico può sembrare quello di una MRGE, con pirosi e dolore toracico. I sintomi sono solitamente presenti da anni, caratterizzati dall’alternanza di lunghi periodi di remissione e ripresa della sintomatologia esofagea. Questo è una delle cause, oltre alla scarsa conoscenza della malattia, delle complicanze. Fattori quali malattie allergiche (asma, dermatite atopica, rinite allergica, angioedema, allergie alimentari e ad inalanti) aumentano il sospetto di malattia.
Terapia
L’esofagite eosinofila è una malattia cronica e richiede per questo una terapia di lunga durata. L’obiettivo della terapia non è semplicemente la remissione dei sintomi d disfunzione esofagea (disfagia), ma persegue la remissione istologica della malattia per evitare le complicanze dovute all’infiammazione esofagea di lungo corso (prevalentemente fibrosi e stenosi).
I farmaci più utilizzati in prima linea sono gli inibitori di pompa protonica (doppia dose per otto settimane con successiva rivalutazione istologica).
L’altro schema terapeutico, solitamente usato in caso di mancata risposta agli inibitori di pompa protonica, è quella con gli steroidi topici, come fluticasone o budesonide. Anche in questo caso il ciclo terapeutico deve essere protratto per almeno 8-12 settimane.Gli effetti collaterali sono significativamente minori rispetto alla terapia steroidea sistemica e consistono prevalentemente nella candidassi orale e/o esofagea.,
Alternativa ai farmaci, è la terapia dietetica. La più comune prevede l’eliminazione dei più comuni alimenti allergenici quali il latte, le uova, il grano, la soia, le nocciole, e molluschi (6 food- elimination diet). I tassi di risposta raggiungono il 70-90%.
Purtroppo gli studi, hanno evidenziato come il 90% dei pazienti che sospendono la terapia medica, recidivano dopo 9 mesi.
Lo sviluppo di stenosi fibrotiche è la complicanza più frequente e può essere trattata, generalmente con la dilatazione endoscopica. La procedura è una pratica sicura, con tassi di perforazione esofagea inferiori all’1%.